Per avere qualche speranza di essere noi stessi, dobbiamo avere molti luoghi dentro di noi. Questo pensiero di Jean Bertrand Pontalis riportato da Vittorio Lingiardi nel suo bel saggio Mindscapes – Psiche nel paesaggio, insegna in primo luogo che la nostra storia e la nostra psiche sono anche una geografia, ovvero che siamo inseparabili dai nostri luoghi, per amore o per rancore. L’altra è che il nostro luogo non è mai uno solo.
Ci vogliono, appunto, molti luoghi.
Il progetto di mostra di Renzo Francabandera che Cue Press ospita nella sua nuova sede a Bologna, nasce da una ricerca dell’artista originatasi oltre un anno fa dal rinvenimento casuale, nelle vie della città, di una piccola raccolta di cartoline e di alcune foto di famiglia, probabilmente destinate ai rifiuti, di cui due differenti nuclei famigliari avevano deciso di disfarsi.
Un trasloco, un cambio di città. Non lo sapremo mai, ma quei luoghi, artificiali, immaginati, totalmente avulsi dal percorso di vita dell’artista ma entratici casualmente, sono diventati motore per una ricerca personale, fatta di segni nuovi e liberi, sempre più scomposti e frammentati, fino a diventare luoghi immaginati di memorie perdute, visti magari dall’alto, la cui distanza li trasforma in nuovi panorami, segni dal portato astratto.
Viviamo nel paesaggio, le sue parole sono infinite.
In poco tempo quegli ambienti sconosciuti sono diventati paesaggio immaginato, dapprima formale, e poi, in un passaggio quasi liberatorio, segni astratti, indagine psichica su forme, brandelli di memoria e colore.
E dentro questo orizzonte, panorama, spazio, suolo, territorio si moltiplicano storie di cui restano a volte tracce illeggibili, che la memoria cancella, o di cui ci si deve disfare per far spazio al nuovo.
Stare al mondo, riconoscere l’altrui esistenza significa riconoscere quindi in primo luogo il paesaggio, sapere che non si tratta di un semplice fondale, della quinta che delimita lo spazio della azione umana.
Dalle forme più definite della sezione della mostra dedicata agli interventi di Francabandera sulle cartoline, nucleo creativo che risale al 2021, si passa ad un’elaborazione sempre più libera di segni e tracce testimoniata dai lavori più recenti, dove il compito della ricostruzione del paesaggio passa all’osservatore, nel cui sguardo sempre si completa l’opera artistica, per dare forma e immagine a qualcosa che è già nel suo spazio interiore.
Al tempo stesso questo sguardo, che oscilla fra brandelli corrotti di memorie passate nel loro passaggio verso un sistema di segni informale diventa una scoperta, un’invenzione e un ritrovamento.
L’intenzione di Francabandera con Mindscapes and Postcards è dunque quella di permettere a ciascuno di riconoscere e riconoscersi in quei segni, cercando un luogo famigliare, una traccia naturale, le venature di una foglia, la profondità di un ricordo.
To have any hope of being ourselves, we must have many places within us. This thought of Jean Bertrand Pontalis reported by Vittorio Lingiardi in his beautiful essay Mindscapes – Psiche nel paesaggio, teaches first of all that our history and our psyche are also a geography: we are inseparable from our places, out of love or resentment.
Furthermore it explains that our place is never just one We must have many places inside.
Renzo Francabandera’s exhibition project that Cue Press hosts in its new headquarters in Bologna, stems from a research that originated over a year ago from the accidental discovery, in the streets of the city, of a small collection of postcards and some photos, probably destined for waste, of which two different families had decided to discard.
A move, a change of city. We will never know, but those places, artificial, imagined, totally detached from the artist’s life path but he met by chance, have become the engine for a personal search, made up of new and free signs, increasingly broken up and fragmented, to the point of becoming imaginary places of the lost memories, perhaps seen from above, whose distance transforms them into new places, signs with an abstract effect.
In a short time those unknown environments have become an imagined landscape, at first formal, and then, in an almost liberating passage, abstract signs, psychic investigation of forms, shreds of memory and color.
We live in the landscape, its words are endless.
And within this horizon, landscape, space, soil, territory, stories multiply: illegible traces remain at times, which memory erases, or which must be discarded to make room for the new ones.
Being in the world, recognizing the existence of others means therefore recognizing the landscape in the first place, knowing that it is not a simple backdrop, the backdrop that delimits the space of human action.
From the more defined forms of the section of the exhibition dedicated to Francabandera’s interventions on postcards, a creative nucleus that dates back to 2021, we move on to an increasingly free elaboration of signs and traces witnessed by the most recent works, where the task of reconstructing the landscape passes to the observer, in whose gaze the artistic work is always completed, to give shape and image to something that is already in his inner space.
At the same time, this gaze, which oscillates between corrupted shreds of past memories in their passage towards an informal system of signs, becomes a discovery, an invention and a finding.
Francabandera’s intention with Mindscapes and Postcards is therefore to allow everyone to recognize themselves in those signs, looking for a familiar place, a natural trace, the veins of a leaf, the depth of a memory.